La
discoteca è una meta classica, un passatempo sempreverde per
tantissime persone, specialmente per gli under
40.
Per
i ragazzi, la serata
in discoteca
rappresenta (solitamente: per alcuni è una vera e propria iattura)
un momento di evasione, di catarsi dalle fatiche lavorative o di
studio. È anche l’occasione nella quale condurre a buon fine
l’ultima
conquista amorosa
del momento: in questo caso, oltre a divertirsi, occorrerà “fare
bella figura”.
Una
volta conclusa la maniacale
toilette
del
pre-serata
ci si collocherà sotto un’immaginaria campana di vetro, così da
non compromettere l’architettura delle complicate acconciature
(anche maschili, s’intende), e ci si presenterà, vestiti di tutto
punto, all’ingresso
del locale, riconoscibile per la eloquente, chilometrica fila di
astanti.
Dopo
lunga attesa,
durante la quale verranno mormorate tutte le giaculatorie possibili e
immaginabili per propiziare un sicuro ingresso nel locale da ballo,
si giungerà al cospetto dei buttafuori, veri e propri guardiani del
Tempio Danzante.
Questi
avranno il compito
di giudicarvi
e di ammettervi al cospetto del “Dio DJ”.
Vi
squadreranno muti e severi, in cerca di pecche nell’abbigliamento o
di tracce di delinquenziale sui vostri volti. Il discorso, come
avrete capito, vale per lo più per i ragazzi. Anche se non vi verrà
eccepito alcunché, non sarete necessariamente “dentro”: potreste
sentirvi obiettare che non potete entrare perché “non
siete in lista”
e resterete, così, tra
color che son sospesi,
per dirla (scomodandolo) col Sommo Poeta.
Rimarrete,
in parole povere, fuori dal locale. Ai margini di una fila. Fermi ad
osservare con mestizia gli altri che entrano a divertirsi.
Ahi.
E adesso che si fa?
Se
possedete buoni doti dialettiche potreste instaurare un
contraddittorio con il buttafuori che, mosso a pietà, potrebbe
decidere di ammettervi, magari dopo che voi avrete millantato
amicizie con questo e con quello. O potreste tentare di
mendicare l’ingresso
presso uno degli organizzatori della serata, che benignamente vi darà
il sospirato “lasciapassare”.
Se
dovesse andarvi male,
non vi resterà che andarvene via con le pive nel sacco, e così alla
vostra eventuale partner
avrete
dato una convincente e persuasiva prova di inettitudine totale.
Molti
si sono chiesti, dopo essere stati bocciati alla selezione dei
buttafuori,
se questo modo di procedere sia lecito.
Difficile dare una risposta esaustiva perché la materia, se così si
può chiamare, è, tanto per cambiare, controversa.
La
prima questione da risolvere è quella della
natura del locale da ballo;
su questo punto non è facile generalizzare perché – stando a
quello che si vede – i posti nei quali si balla sono organizzati
nelle forme più varie: discoteche, discopub, circoli privati, club,
sedicenti associazioni culturali, eccetera. Ognuno di questi locali
ha caratteristiche sue proprie. In ogni caso, si può affermare che
la discoteca vera e propria rientra nella tipologia dei pubblici
esercizi.
Dal
ginepraio delle norme italiane, viene spesso estratto, e puntualmente
citato, l’art. 187 del regolamento per l’esecuzione del
T.U.L.P.S. (Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza), che vieta
all’esercente di ogni esercizio pubblico di rifiutare le
prestazioni della propria attività a chiunque le domandi e ne
corrisponda il prezzo (con le sole eccezioni degli artt. 689 e 691
c.p.: i quali pongono il divieto, in via di sintesi, di somministrare
di bevande alcoliche a minori, infermi di mente e soggetti già
ubriachi).
Questa norma si applica alle discoteche? Secondo alcuni sì; secondo altri, invece, no.
I
primi sostengono che la discoteca è un pubblico
esercizio,
ergo
chiunque
voglia entrare deve poterlo fare, a condizione che paghi il relativo
biglietto. Le liste, o altre eventuali obiezioni sul vestiario,
sull’ingresso dei singles,
eccetera, sarebbero del tutto illecite.
La
ragione della soluzione contraria, ad avviso della quale il gestore
potrebbe porre delle
condizioni all’accesso,
compresa quella di istituire una “lista” degli aspiranti
ballerini, risiederebbe nel fatto che l’art. 187 del regolamento
T.U.L.P.S. sarebbe contenuto nel paragrafo n. 15, dedicato agli
“esercizi pubblici”, mentre l’attività della discoteca
dovrebbe essere ricondotta alla disciplina del precedente paragrafo
n. 14, appositamente volto a regolare gli spettacoli e i
trattenimenti pubblici. Da qui, si comprenderebbe perché sarebbe
lecita la eventuale selezione della clientela all’ingresso.
Il
discorso si complica ulteriormente per quei locali che si professano
club privati
o
“associazioni culturali”,
per accedere ai quali è necessario tesserarsi. In questo caso,
l’ingresso dovrebbe
essere
riservato ai soci, anche se non è da escludersi che il socio divenga
tale soltanto dopo essere entrato: qualcuno dello staff
gli
consegnerà una tessera e gli farà compilare qualche modulo.
Si
comprenderà bene che se lo schema organizzativo è quello del club
privato,
la “selezione” non dovrebbe avere alcun senso,
poiché all’ingresso dovrebbero presentarsi soltanto i soci già
tesserati. Quindi l’unico controllo dovrebbe consistere nell’esame
della tessera sociale.
Formalismi
a parte, alcune accortezze
potrebbero essere sufficienti per evitare spiacevoli inconvenienti
(coloro che vengono respinti all’ingresso di un locale subiranno la
frustrante esperienza della “serata rovinata”): i gestori dei
locali rendano ben note le modalità di accesso nei loro locali. Lo
dicano, soprattutto, con largo anticipo, in modo da consentire a
tutti di saperlo prima
di
presentarsi all’ingresso.
Il
buon nome di un locale, spesso, dipende anche da queste piccole forme
di cortesia
nei confronti della clientela.
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